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Nella tradizione giudaica il serpente, viscido e strisciante, è simbolo del male che insidia l’umanità: Dante lo fa sopraggiungere all’improvviso nella valletta dei principi negligenti e Sergio Favotto lo interpreta come un mostro scuro e gigantesco, colto nell’atto di avventarsi sui due pellegrini. È il terrore ad amplificarlo agli occhi di Dante, che Virgilio cerca di rassicurare ponendogli una mano sulla spalla, mentre la biscia avanza sinuosamente verso di loro. Le sue fauci spalancate e gli occhi sbarrati avvincono anche noi e scuotono le nostre coscienze. Ma ecco che dall’alto piombano sul rettile due angeli inviati da Dio come messaggeri della sua grazia: il loro volto soffuso di luce bianca, le ali verdi e le spade rosso fuoco sono allegoria delle tre virtù teologali, fede, speranza e carità, indispensabili per la salvezza dell’anima. Gli “astor celestiali” e la serpe rappresentano l’asse della composizione, sottolineato dal fascio scintillante che squarcia le tenebre della sera ormai imminente.
Al momento l'opera non è disponibile per la spedizione. Resterà in esposizione fino al 16 gennaio 2022 presso il Museo Casa Gaia a Portobuffolè...
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